Il caso ferrarese dell’Ospedale militare neurologico a Villa del Seminario

Villa del Seminario e un nuovo approccio alla nevrosi 

A Ferrara il manicomio, fondato a metà Ottocento, era stato organizzato dal direttore Clodomiro Bonfigli nell’ultimo quarto del secolo; cionondimeno, ragioni umanitarie, morali ed ovviamente militari imponevano di fornire assistenza psichiatrica anche in tempo di guerra (il testo di Montella, Paolella, Ratti è uno dei riferimenti fondamentali per questo paragrafo). Nelle retrovie emiliane, il servizio di assistenza per gli psicopatici era stato approntato in modo molto più funzionale rispetto a quello per i neuropatici (per i militari erano stati creati padiglioni speciali nei manicomi di Imola, Bologna, Reggio Emilia e Parma); Ferrara costituì un’eccezione: qui infatti era sorto l’ospedale militare neurologico “Villa del Seminario” in una villa a pochi chilometri dal centro città, il primo del suo genere in Italia. 

Nell’Archivio dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito (AUSSME) è conservata una relazione sull’opera sanitaria prestata durante la Grande Guerra, in più volumi, uno dei quali riguarda il servizio neuropsichiatrico; qui, alla p. 393 possiamo leggere (tutte le sottolineature sono in originale): 

[…] Assai meno completa in principio era invece l’organizzazione del servizio neurologico specializzato, nelle retrovie e nella zona territoriale: servizio che, nel mese di giugno del 1916 era disposto nel modo seguente: 
I) Milano, nel reparto neurologico militare dell’ospedale maggiore, capace di 50 letti. 
II) Torino, nella clinica neuropatologica. 
III) Alessandria, in un reparto dell’ospedale militare (80 letti). 
IV) Genova, in un reparto speciale dell’ospedale militare principale (120). 
V) Ferrara, nel reparto speciale di nuova formazione, capace di 220 letti. 

Più tardi, a questi si aggiunsero, fra gli altri il rearto [sic] neurologico di Roma, situato in una villa del Gianicolo e capace di 80 letti, e il reparto neurologico di Treviso [… ] 
(Fondo B-1. “Relazione dell’opera sanitaria svolta dal 1915 al 1918”, vol. 5. “Servizio neuropsichiatrico” 1915-1918). 

Da questa relazione è ben possibile osservare la specificità dell’Ospedale ferrarese, nato su iniziativa del maggiore medico e vice-direttore del manicomio di Ferrara Gaetano Boschi, che poteva contare anche sugli psichiatri Padovani e Montemezzi, richiamati dal fronte: nell’ottobre del 1915, infatti, erano già 180 gli psichiatri in prima linea. A quel tempo, gli psichiatri di guerra, nell’indagare l’eziologia dei disturbi, si posizionavano su posizioni abbastanza in linea fra loro: si citino ad esempio, Giacomo Pighini, proveniente dal “San Lazzaro” di Modena, che dedicava il suo servizio a sbugiardare i simulatori, convinto che i veri malati non fossero più di un quinto dei militari visitati e che la guerra, «palestra dei forti» che «smaschera le debolezze umane», facesse ammalare solo coloro già geneticamente predisposti; o Giulio Cesare Ferrari, direttore del manicomio di Imola, che si aggirava tra i soldati delle prime linee per osservarne la psicologia, improntando i suoi studi sulla piaga dei «pellandroni», particolare categoria di simulatori renitenti e passivi da lui considerati «se non dei malati, degli anormali». In questo scenario, l’“esperimento” di Boschi a Ferrara assumeva un ruolo quantomeno singolare ed innovativo, essendo il primo centro specializzato che andava ad indagare le nevrosi sulla base della convinzione che la guerra, evento di grande potere psicopatogeno, «non solo avrebbe risvegliato le predisposizioni, ma avrebbe pure forse creato malattie anche là dove predisposizione vera e propria non fosse esistita o fosse stata di per sé trascurabile». Rimandando per approfondimenti al capitolo di questa ricerca dedicato alla Villa del Seminario, vogliamo dedicare qualche riga al ruolo del rapporto che si instaurò a Ferrara tra medicina di guerra e ricerca accademica (Cappellari, in Il silenzio e la cura). 

Sotto la presidenza di Gaetano Boschi (1914-1916), l’Accademia delle scienze mediche e naturali di Ferrara istituì le Riunioni Medico Militari con il benestare dell’Ispettorato della sanità Militare. Nella prima riunione ferrarese del 25 giugno 1916, a Palazzo Paradiso, Boschi si soffermò sull’importanza della psichiatria in ambito militare. In particolare stigmatizzò l’enunciato che “i matti restan sempre matti” evidenziando che “le forme mentali di guerra hanno ben di frequente un pronostico definitivamente fausto”. Sottolineò “il potere curativo dell’atmosfera psichiatrica” per la quale “l’irrequietezza dei malati si tranquillizza, la confusione si dissipa, l’ordine si ricompone quasi miracolosamente, poco dopo l’ingresso del malato nell’istituto psichiatrico”. […] Per quello che riguarda la simulazione psichiatrica il Boschi introdusse il concetto della “simulazione incosciente” ove i simulatori possono essere affetti effettivamente da nevrosi: “il rilievo di fatti simulatori non vuol dire che tutto sia simulazione, come il rilievo di sintomi patologici non vuol dire che sia malattia ciò che costituisce l’inservibilità al servizio militare” (Cappellari). 

La riunione dell’8 ottobre 1916 si tiene alla Villa del Seminario, dove Boschi illustra ai quaranta convenuti il funzionamento e le specificità della struttura; in quella del 29 ottobre, ancora al Palazzo dell’Università, Boschi affronta il problema del congelamento delle estremità dei soldati, propone una nuova divisa militare (reputando antigenico il collo di quella attuale), si sofferma sul problema della sciatica nei militari e sulla necessità, nella diagnostica, di «un esame combinato, neurologico e psicologico». Nella seduta del 26 novembre a Palazzo Paradiso, che vede tra i presenti Cesare Minerbi, nonno materno di Giorgio Bassani, per quarant’anni primario al Sant’Anna, si discute il problema dei “mutilati funzionali” e Boschi si batte per chiedere alla commissione parlamentare per la protezione e l’assistenza degli orfani e degli invalidi di guerra un particolare trattamento per questa categoria. 

Contemporaneamente alle riunioni degli accademici e alle cure neurologiche di Boschi nella villa di Aguscello, a Ferrara era ben attiva una vasta rete di assistenza diretta rivolta ai militari e a tutti i coinvolti a vario titolo negli sconvolgimenti bellici, retta dalla Croce Rossa Italiana e dalla Sanità Militare. In aggiunta, 

[…] il Comune di Ferrara dovette affrontare altri incarichi complessi quali: assistenza agli orfani di guerra e ai profughi provenienti dall’Austria e dalle zone interessate dal conflitto, servizio di leva, alloggiamento delle truppe, pagamento dei sussidi ai parenti dei richiamati, servizio delle pensioni di guerra, collocamento degli operai per la realizzazione di opere nelle zone di conflitto e per il confezionamento di indumenti militari, passaporti per l’interno, approvvigionamento e tesseramento dei generi di prima necessità (Scafuri, in Il silenzio e la cura). 

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